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La Chiesa ebbe non pochi problemi, tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, per quanto concerne l’ordine che si cercava di imporre sulle popolazioni. Allora ne erano annoverrati principalmente due: il primo riguardava la diffusione a macchia d’olio dell’eresia ariana, portata in Italia dagli Ostrogoti: prima, con la breve dominazione di Odoacre che aveva posto fine alla successione degli Imperatori di Roma (476 d.C.); dopo, con il lungo e prosperoso regno di Teodorico, giunto nella penisola italica in rappresentanza dell’Imperatore d’Oriente. Il secondo problema era inerente i contrasti che spesso avvenivano in occasione delle elezioni del Pontefice, in grado di causare frequenti e gravi disordini. Per fronteggiare tali situazioni venivano fatti degli appositi Concili a Roma, ma anche altrove, dove venivano menzionati i nominativi dei Vescovi. |
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I cristiani che venivano scovati erano mandati in esilio da Roma a Centocelle sin dai tempi dell’Imperatore Decio (III secolo). Così accadde per Secondiano, personaggio facente parte della corte, denunciato dal magistrato che aveva qui giurisdizione, con il titolo di “consolare della Tuscia”, per aver convertito i suoi amici Marcelliano e Veriano. Ripetutamente fu loro consigliato di abbandonare la fede, ma tali appelli caddero nel vuoto, finché furono portati a Centocelle, per essere consegnati a Promoto, il magistrato di cui sopra, che fece cadere su loro una sentenza di morte: le loro teste decapitate ed i corpi gettati in mare. Promoto esercitava la suprema giurisdizione delegato dall’Imperatore, in qualità di “governatore di primo grado”. |
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Numerosi i possedimenti sul territorio di Centumcellae riferibili al Monastero di Farfa in Sabina che, con appositi accordi, si aveva la facoltà di cedere anche a privati. Erano latifondi che dovevano essere curati e mantenuti onde evitarne il totale abbandono e non si può affermare che fossero luoghi sicuri in quanto le spiagge erano esposte al pericolo di invasioni. Per evitare che insorgessero tali problematiche, il lavoratore aveva degli obblighi: in caso di possedimento di “terre prossime al mare, debba fare la guardia, o per impedire la nemica aggressione, o almeno per dar avviso di difesa e di scampo”. |
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Centocelle ebbe presto un presidio navale; più che locale, si trattava di una stazione di distaccamento delle armate imperiali romane. Fino a quel momento vi erano distaccamenti a Miseno per la difesa del Mediterraneo ed a Classe e Ravenna per l’Adriatico, lì collocati dall’Imperatore Augusto (27 a.C.). Quella di Miseno serviva a Roma con funzione di guardia dei porticcioli che si affacciavano sul Tevere. Tali approdi erano continuamente oggetto di problemi a causa di insabbiamenti dovuti al fiume stesso, perciò non adeguati ad accogliere la Marina Militare. Ulteriori stazioni marittime erano Pirgi, Punico, Gravisca; |
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Dalla villa di Traiano, posizionata in un punto alto, era possibile vedere la grande distesa di mare, chiusa da un lato da Capo Linaro e verso ponente dal grande arco di spiaggia fino al promontorio dell’Argentario. L’imperatore Traiano ebbe un’intuizione sensazionale: capì che in questo luogo, Roma poteva avere il suo porto. Per quei porticcioli che davano sullo sbocco del Tevere, realizzati con ingenti spese ed artifici, |
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