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Coloro che fecero ritorno nella cittadina marinara, dopo ben 60 anni di assenza, non avevano più titolo di proprietà. Anzi, i diritti acquisiti precedentemente, qualora ve ne fossero stati, andarono persi in via definitiva: “era territorio riconquistato contro l’invasore, e perciò divenuto, ove pur già non lo fosse, di pubblica ragione.” Alcuni storici del tempo affermano che sia i Papi che gli Imperatori ne disposero a loro gradimento, facendo apposite concessioni in favore di chiese e monasteri risorti dopo i danni ad essi arrecati e, in un secondo momento, a “gente feudale”. I grandi fondi in possesso degli stessi Pontefici, che vi rientravano, erano dati per lo più in concessione, attraverso canoni di diversa natura, sia a soggetti privati che a “pii luoghi”. È possibile portare come esempio l’azione di Papa Onorio I, il quale diede in locazione ad Epifano un fondo che nel documento ha il nome di Stracense. <<Honorius locat Epifanio Massam Stracesim cum prato suo et omnibus sibi pertinentibus, pos. in territorio Centumcellensi.>> (anno 625-658). Notevole importanza, inoltre, la mossa di Leone IV che concesse al Monastero di San Martino in Roma posto fuori le mura presso San Pietro (dove era cresciuto e si era formato dal punto di vista intellettuale), “tutto quello che nel territorio di Centocelle apparteneva alla chiesa, quivi esistente, di San Sebastiano”. Era l’anno 854 e la concessione detta fu fatta con tale formula: <<Monasterium S. Sebastiani, cum massis fundis seu casalibus atque appendicibus, aquimolis et olibis et vineis vel omnia et in omnibus ad eumdem ven. monasterium generaliter et in integrum pertinentibus, constitutum infra civitatem Centucellensi>>. Con lo stesso atto, il Pontefice concedette a quello già citato di San Martino il fondo liciniano dove si trovava l’oratorio di San Lorenzo con le sue appartenenze. <<Concedo vobis…massa que appellatur Liciniana, qui et Genufluvio nuncupatur, in quo est oratorium S.Laurentii, cum fundum qui dicitur Casaria, cum omnibus ad eumdem generaliter pertinentibus, pos. territorio Centucellensis.>>. Dei fondi liciniani si è fatto in più menzione riguardo ai materiali di fabbrica da essi provenienti con su impresso il bollo del luogo ed appartenenti ad imperatori o a loro famigliari. Spesso sui medesimi era possibile trovare il sigillo “Cae N” oppure “Aug. N” (Caesaris Augusti Nostri) e furono considerati beni fiscali, cosicché il re Teodorico ebbe modo di rivendicare questi ultimi, togliendo essi dalle mani degli invasori per trasferirli nel patrimonio pontificio e, da questo, insieme ad altri possedimenti, in quelli ecclesiastici e feudali.
Alcune informazioni sono state tratte dall’opera di Carlo Calisse “Storia di Civitavecchia”, Vol. I, Atesa Editrice, Bologna 1983, Cap.I, pp.81-83, Parte II. Foto: fonte http://www.araldicavaticana.com/S.%20LEONE%20IV%20CARTOLINA.htm
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