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Le invasioni saracene provocarono la distruzione di gran parte della cittadina marinara. In alcuni casi erano presenti masse informi, successivamente demolite o poste a fondamenta di nuovi edifici tra macerie e rovine che, per molto tempo, rimasero come ingombro. La darsena subì gravi danni: cadde il lato esposto a ponente, con strutture edilizie annesse, cosicché spezzata la cinta si formò un varco a mare. Si crearono due ingressi, uno di fronte all’altro: quello più antico sul porto grande, mentre “quello nuovo” sulla spiaggia esteriore. Talmente ingente fu la quantità dei danni che le macerie rimaste sollevarono il fondo, al punto che le imbarcazioni di piccola e media dimensione non poterono più passare. Tale situazione fu risolta, nel XVI secolo, con la ricostruzione della parte distrutta ed il ripristino al suo stato di origine. Il Calisse, a questo punto, si sofferma sulla popolazione descrivendo che “Calcolare, sia pure per approssimazione, il numero degli abitanti non è cosa possibile, ma nemmeno lo è il supporre che potesse essere grande. Pochi potevano essere ancora i superstiti alla distrutta Centocelle; i più erano i nati di coloro che per molti anni ne avevano vissuto fuori, in luogo silvestre. Gente nuova potè non esservi mancata; ma tutto l’insieme delle circostanze non era tale da consentire aumento o nuove energie di sviluppo. Le notizie che se ne hanno in tempi potersi ori, anche lontani, mostrano la popolazione non molto mutata da quella che dovette essere in origine. Un documento del secolo XIII, che è la deliberazione del popolo convocato a consiglio, ha la sottoscrizione di 200 cittadini: dando pure a tutti la qualità di padri di famiglia, potrebbe verosimilmente calcolarsi a cinque volte maggiore il numero degli abitanti”. Informazioni di notevole importanza che vanno a sommarsi con altre testimonianze del tempo, come quella da attribuirsi a Giovanni Villani che paragonava Civitavecchia a Populonia e ad altre antiche città situate nella maremma toscana. Alcuni poeti come il modenese Alessandro Tassoni ne “la Secchia Rapita” fa riferimento alla cittadina stessa:“..Civitavecchia, e di lontano / biancheggia tutto il lido e la marina / giaceva allora il porto di Traiano / lacero e guasto in miseria ruina”. Anche Flavio Biondo, che frequentava la corte di Eugenio IV (XV sec.), ebbe l’occasione di visitare la nostra città ed afferma che era “scarsa di popolazione, quantunque importante per la minutissima rocca e per il porto celebrato per tutto il Mediterraneo”.
Alcune informazioni sono state tratte dall’opera di Carlo Calisse “Storia di Civitavecchia”, Vol. I, Atesa Editrice, Bologna 1983, Cap.I, pp.79-81, Parte II. Foto: fonte http://it.wikipedia.org/wiki/File:Alessandro_Tassoni.gif
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