Ultime News
Ovunque tranne che nei contenitori
01-07-2024 11:53:59“Vicino / Lontano”
01-07-2024 11:34:17Canne tagliate più volte
01-07-2024 11:14:59Bagnanti alle prese con la monnezza
01-07-2024 11:03:05Composizione del nuovo Consiglio Comunale
27-06-2024 13:02:08“Insieme possiamo costruire il futuro che Civitavecchia merita”
27-06-2024 12:30:26Comprensorio
Traduttore
Newsletter
Contatore
- Visite agli articoli
- 14712088
|
|
Quando a Roma si facevano tre pasti; viaggio gastronomico a ritroso nel tempoROMA - Erano tre i pasti principali che consumava l'antico romano. Il primo era lo "jentaculum", che può essere considerato come la nostra colazione; veniva consumato intorno la terza e quarta ora ( tra le otto e le nove della mattina ). Era un pasto frugale, tra l'altro anche molto semplice, consistente in pane condito con sale e vino, formaggio, frutta secca, latte e miele. La classe più povera mangiava anch'essa il pane, ma inzuppato nel latte o vino. Spesso i bambini, prima di andare a scuola, facevano una breve sosta dal "pistor dulciarius" ( il pasticciere ), per comprare focacce grasse. "Alzatevi: il panettiere vende la colazione al ragazzino, da tutte le parti i galli cantano l'arrivo del mattino" ( Marziale, Epigrammi, libro XVI, CCXXIII ). Il secondo era il "prandium", consumato tra la sesta e la settima ora, un pò prima di mezzogiorno. Di solito si trattava di un pasto freddo, veloce, caratterizzato da cibi leggeri ( pesce, verdure, frutta, legumi ) spesso consumato in piedi. Lo stesso Giovenale, nella sua opera "Satire, III", fa un quadro di come si presentavano quelle piazze e strade spesso affollate di gente. "Ma c'è una casa d'affitto in Roma che permetta il sonno? Solo ai gran quattrini è permesso dormire. La colpa di questo malanno ce l'hanno soprattutto i carri che vanno su e giù dentro i budelli dei vicoli, e le mandrie, che si fermano e fanno un fragore che toglierebbe il sonno a Druso o a una vacca marina. Il ricco, quando un affare lo chiama, si fa trasportare tra la folla che s'apre davanti a lui, e vola sopra le teste, chiuso dentro la grande lettiga liburna, dove può leggere o scrivere o magari dormirci; ché infatti le finestre chiuse, in lettiga, fan venire sonno. Comunque puoi stare certo che arriverà per primo; a me, pieno di fretta, fa ostacolo l'onda della folla che mi precede, quella che mi segue mi preme, come una falange compatta, alle reni; uno mi pianta un gomito in un fianco, un altro mi colpisce rudemente con una stanga, quello mi sbatte in testa una trave, l'altro una botte." Sono anche descritti i richiami di venditori ambulanti, padroni delle botteghe e delle taberne che cercavano, con foga, di accaparrarsi i clienti. Tutto ciò in un assordante e dinamico scenario di vita quotidiana. L'ultimo pasto della giornata era la "coena", che iniziava tra le tre e le quattro del pomeriggio. La classe medio-basso consumava un pasticcio di farina, verdure e legumi detto "pulmentum"; le famiglie agiate e patrizie usavano condividere tale momento con amici, famigliari o protettori. Era inoltre un momento dove poter intavolare confronti, dialoghi e divertimenti: le cene importanti si protraevano fino a tarda serata; quelle ricche, invece, venivano prolungate fino al sorgere del sole.
Nella foto: "Le rose di Eliogabalo" di Lawrence Alma-Tadema, 1888, olio su tela, 131.8 x 213.4 cm. La scena rappresenta un episodio presumibilmente accaduto, facente parte di una delle tante "depravazioni" del suddetto Imperatore e descritto nell'Historia Augusta - Vita di Eliogabalo, XXI.5: |
|