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Viaggio tra Sacro e Tradizioni

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Processione del Cristo Morto 2016 1Molto partecipata la rievocazione degli ultimi momenti della vita di Gesù

CIVITAVECCHIA -. Fiume di spettatori per la Processione del Cristo Morto. Una serata fresca ha accolto il tradizionale evento del Venerdì Santo, con centinaia di persone che hanno sfilato lungo le strade del centro cittadino. Tradizione, che si rinnova

annualmente grazie all'organizzazione dell'Arciconfraternita del Gonfalone, la partecipazione della Confraternita di Santa Maria dell'Orazione e Morte, i "misterini" trasportati da giovani, moltissimi "incappucciati penitenti", decine e decine di figuranti che rievocano i protagonisti della Passio, Istituzioni religiose, civili, rappresentanti dell'Amministrazione Comunale e le bande musicali cittadine. Momento clou, la ripida salita di Via Piave fatta di corsa da coloro che trasportano le pesanti statue. Ad accoglierli in Piazza Leandra e dinnanzi alla Chiesa della Stella, vi era un trionfo di spettatori. 

Passione di Gesù, tra Morte e Resurrezione

Nella Processione del Venerdì Santo si fondono due elementi: la rappresentazione del Sacro, con il Mistero della Passione di Gesù e le Tradizioni, che attingono anche dalle nostre radici storiche. Inevitabile formulare alcune riflessioni ed analisi relative ad aspetti del contesto che si sta per affrontare. Il Sacro lo ripercorriamo mediante la rappresentazione della Passione stessa, con uno dei due Misteri che fondono il Cristianesimo: dolore, martirio, agonia, Crocifissione, Deposizione e successiva Risurrezione di Gesù. Elementi, quelli appunto della Passio, che si trovano all'interno dei Vangeli (nei capitoli: Matteo 26-27; Luca 22-23; Marco 14-15; Giovanni 18-19).

La Tradizione si rinnova con i Condannati Penitenti

La parte relativa alla rievocazione delle nostre Tradizioni subentra, in particolar modo, con il corteo dei "Condannati Penitenti". Quest'ultimo aspetto abbisogna di un'analisi. Attraverso il recupero di documenti storici siamo dinnanzi ad una vera e propria evoluzione della figura del "Condannato Penitente". Nella prima metà del XVII secolo il Pontefice insignì l'Arciconfraternita del Gonfalone di Civitavecchia, allora attiva nell'assistenza dei condannati nelle carceri del Porto, del potere di concedere annualmente la grazia a coloro che dovevano essere giustiziati. La tradizione che ci è stata tramandata vuole che tutti i condannati a morte venissero convocati e fossero incappucciati per non farsi riconoscere. Nel caso in cui sentivano il tocco di una mano sulla loro spalla, quello era il segnale che avevano ottenuto la grazia, quindi il raggiungimento dell'agognata libertà in un "ritorno alla vita".

L'Evoluzione delle Punizioni Corporali fino ai giorni nostri

Nella descrizione dettagliata fornita dal domenicano Padre Labat, risalente al 1710, egli narra con dovizia di particolari detta Processione ed informa che i Condannati si fustigavano con "grande effusione di sangue". Quindi venivano adottate delle vere e proprie Punizioni Corporali atte ad espiare gravi colpe. Un altro tema dibattuto è il periodo in cui si fanno risalire detta forma di punizione; alcuni agli Egiziani, altri ai Greci, ma anche ai Romani. Ne vediamo la proliferazione anche in epoca medievale. In realtà, a quando risalgono? Al tempo di Re Salomone: vissuto a Gerusalemme tra il 1011 a.C. ed il 931 a.C. e che fu il terzo Re d'Israele, secondo figlio di Re Davide e Betsabea, regnò su Israele per 40 anni (circa dal 970 al 930 a.C.) "Chi risparmia il bastone odia il proprio figlio, chi lo ama è pronto a correggerlo" ed anche "Non risparmiare al giovane la correzione, anche se tu lo batti con la verga, non morirà; anzi, se lo batti con la verga, lo salverai dagli inferi" (Proverbi 13:24; Proverbi 23: 13-14). Oggi non vediamo "effusioni di sangue" come descritto circa tre secoli fa dal Labat ma, in un'ottica di evoluzione nel metodo, possiamo percepire - seppur come spettatori - l'aspetto relativo al dolore ed alla fatica. Basti pensare alle modalità attraverso le quali gli "incappucciati penitenti" affrontano la Processione: completamente scalzi, indossando pesanti catene alle caviglie e portando in spalla una croce di legno. Elementi che annualmente vengono rievocati, il Venerdì della Settimana Santa, per ricordare gli ultimi momenti della vita di Gesù.

Servizio e foto di Sara Fresi

© Riproduzione riservata

 

 

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