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Donne protagoniste del Risorgimento

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Vivandiere-Mostra Convegno-Annalisa Tomassini-1La Tomassini: <<Vivandiere portatrici di modernità sociale e civile>>

CIVITAVECCHIA - Sala “Mafalda Molinari” al gran completo per “Le Vivandiere, protagoniste del Risorgimento.” Ad introdurre la Mostra-Convegno, la Presidente locale della Fidapa, Rosa Maria Sorge: <<Con tale evento, ideato dalla Presidente del Distretto “Monza e Brianza”, vogliamo ricordare le figura della Vivandiera in quanto

una delle prime donne a chiedere la parità di genere>>.Il Sindaco Pietro Tidei, complimentandosi, ha preannunciato: <<Faremo un’iniziativa contro la violenza sulle donne, proponendola a Scuole e Pubblica Amministrazione. Credo che l’affermazione delle medesime sia importante>>. Il Presidente della Fondazione Cariciv, Vincenzo Cacciaglia ha rimarcato: <<L’evento in oggetto è importante dal punto di vista storico-culturale e, proprio per questo, la Fondazione è voluta esservi vicina>>. La Presidente del Distretto Centro, Maria Donatella Aiello ha illustrato: <<La Federazione raccoglie donne di diversa estrazione professionale. A breve partirà un progetto “start-up” rivolto a coloro che vogliano intraprendere un’attività professionale>>. La cultrice di Storia della Cri e Medicina, Maria Scriboni ha fatto un excursus: <<Della figura suddetta si inizia a parlare attraverso l’opera lirica di Gaetano Donizetti “La figlia del Reggimento”. L’esposizione vuole essere una testimonianza riguardo la partecipazione, anche formale ed ufficiale, delle donne alle battaglie. Ciò, con la riproduzione di rarissime e misconosciute iconografie dell’epoca. Le stesse erano delle inservienti militarizzate che svolgevano funzioni di lavanderia, vettovagliamento e rivendita di generi di conforto nell’ambito dei reparti. Avevano regolare documentazione di accreditamento, erano sottoposte a regolamenti di disciplina ed ai codici militari; armate solo per scopo difensivo. Successivamente, furono dotate di uniforme, per non essere confuse con le prostitute che si affollavano attorno agli insediamenti. Per le civili indossare i pantaloni era reato penalmente perseguibile, ma nessuno osò mai fare la benché minima obiezione su quelli delle vivandiere e neanche sulle armi che venivano loro consegnate. Stavano sul campo di battaglia, distribuendo cibo, acqua e munizioni. Il primo caduto di Waterloo fu una di loro. Diventarono infermiere, anzi aiutanti di sanità, collaboratrici dei chirurghi. E fu proprio a Solferino (1859) che venne concepita quell’idea che avrebbe portato, cinque anni dopo, alla nascita della Croce Rossa. Divennero leggende viventi; per le bambine furono modello di identificazione e tenute in grandissima considerazione dai commilitoni e dalle Autorità militari. Erano le “Filles du Règiment” che nelle parate sfilavano in testa ai battaglioni, dietro alla banda ed alla bandiera del reggimento. Poi cominciarono a suscitare un senso di inquietudine, soprattutto per i politici divennero un problema ideologico non da poco. I Governi si ostinavano a ritenerle delle semplici impiegate civili militarizzate. Si cercò di eliminarle, appunto come inquietante cimelio vivente della Rivoluzione Francese e del cataclisma napoleonico. Alla fine si decise che i soldati avrebbero potuto imparare a cucinare, lavare e rammendare il proprio corredo e le medesime sarebbero rimaste a fare le infermiere nelle retrovie, dove non c’erano pericoli ma nemmeno occasioni per acquisire meriti e meritare riconoscimenti. Nel corso della Repubblica Romana (1848-’49) si manifestò un’imprevedibile inversione di tendenza. L’Articolo 12 di quella Costituzione prevedeva che la difesa delle Istituzioni fosse obbligo per tutti i cittadini. La norma era ambigua, tanto che molti la interpretarono in senso estensivo, quindi mentre gli eserciti austriaco, francese e borbonico incombevano sulle frontiere, si iniziò ad addestrare alle armi anche le donne>>. Intervento del Commissario locale della Cri, Maria Cristina Scocchia: <<La Croce Rossa è in una fase di cambiamento, ma nonostante ciò siamo presenti con i nostri obiettivi. A Civitavecchia abbiamo delle ottime sorelle e dei formatori e volontari che sono quotidianamente impegnati a portare avanti le varie attività.>> La Delegata alla Cultura, Annalisa Tomassini ha ricordato: <<Con questo argomento accattivante affrontiamo un’importante tappa del percorso femminile, proprio di emancipazione. Gradirei che la Mostra stesse qui per qualche giorno, in quanto ha valenza storica, culturale e civile. Queste donne del Risorgimento portano con loro una carica di modernità sociale civile. Per noi l’800 è un periodo fertile, ricordo il Calamatta di cui conserviamo alcune opere. E porterò in approvazione una Delibera atta a valorizzare il medesimo, Cialdi, Guglielmotti e Stendhal, affinchè ci sia la volontà espressa di questa Amministrazione a conservare la memoria di personaggi vissuti in un’epoca caratterizzata dalla formazione di personalità che hanno contribuito a creare fermento di idee e movimenti>>. Ancora dal detto Distretto, Rossella Poce (in sostituzione della Presidente, Eugenia Bono): <<Questa esposizione ha attraversato l’Italia fino ad arrivare qui. Nelle tavole sono illustrati momenti di attività quotidiane di giovani che ebbero grandi riconoscimenti, tanto da sfilare dietro al Tricolore, con il plauso degli stessi soldati. Successivamente, come ricordato, vennero allontanate probabilmente per non riconoscer loro il ruolo di Difesa della Patria. Insomma, l’Istituzione da una parte prendeva ma dall’altra era restia a concedere. Noi perseguiamo l’elevazione culturale e la formazione professionale delle donne anche ricostruendo una memoria storica dando un giusto riconoscimento a quelle del passato. Tra i nostri progetti c’è l’invio di medicine in Siria a mezzo di un ambulatorio mobile (per permetterne le cure) ed una ricerca sulla Dieta Mediterranea>>. Momento “clou”, quello a cura del Col. Medico del Corpo Militare Cri, Ettore Calzolari (Addetto all’Ufficio Storico) che, attraverso la proiezione di foto e dipinti, ha illustrato “guerre, ferite, retrovie, campi di battaglia ed immagini tratte da arte, iconografia popolare e propaganda”. Tra queste citiamo: “Angelica cura Medoro ferito”; “Erminia e Tancredi” di Poussin; “La Vergine di Kosovo” di Predic (1857-1953); “Johanna Stegen 1813 a Luneburg”; “Emilia Plater guida gli insorti 1831” (donna raffigurata tra le milizie polacche); “Candelaria Perez vivandiera cilena (1810-1870); “Girolamo Induno la battaglia della Cernaia (1855): “Mary Jane Seacole (1805-1881); “Imperatrice Taitù” (venerata in Etiopia). <<Attraverso la rivista umoristica Punch, poi, è raffigurata una donna che offre assistenza psicologica. Inoltre, sul finire dell’800, le donne sono fregiate con la Croce Rossa e stanno in prima linea, le “Dame di Francia” gestiscono gli ospedali coloniali. Il “Petit Journal”, con un immagine, vuole celebrare una suora decorata della “Legion D’Onore”, per aver soccorso i feriti, 1814-’18. Un'altra, apparsa su “La Domenica del Corriere” ritrae una crocerossina che invoca i soccorsi via-radio>>. Ed ancora: “Nurse Natasha” (appartenente ai Marines, dettaglio dei colori della maglia); “Il Ferito” 1952; “La Lettera” 1963, ritrae donne soldate in divisa. E tra le stampe di artisti sovietici emerge: “Roza Shanina 1924-‘45”; “Le giovani del Komsomol lavorano alle fortificazioni alla periferia di Mosca” (impegnate a scavare la trincea); “Col. dell’Aeronautica Rumena Miriana Draghescu e la squadriglia bianca” e molto altro ancora. <<Talmente importante ne fu l’apporto - ha concluso - che numerosi artisti e fotografi dedicarono loro molte opere>>. Tra le analisi, le riflessioni e le proposte di cui sopra ad allietare la platea, gli intermezzi musicali a cura del Maestro Claudio Gargiulli. 

 

Servizio esclusivo e foto di Sara Fresi

 

 

 

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