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"Il carcere è un problema centrale"

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Carceri-Convegno-Asl-25 ott 2013-2Il Sindaco Tidei: <<A doversene far carico è tutta la collettività>>

CIVITAVECCHIA - <<Il carcere è un problema centrale di cui tutta la collettività deve farsi carico>>. Chiaro, il concetto espresso stamani dal Primo Cittadino tra i lavori del Convegno “Civitavecchia, il carcere nella città” svoltosi stamani in Aula Pucci. <<Nel corso della mia attività politica - ha subito ricordato Pietro Tidei - ho avuto modo di affrontare il problema delle carceri,

connesso e collegato indissolubilmente al sovraffollamento così come ho evidenziato anche in una mia pubblicazione quando ero Parlamentare e Membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Appare innegabile che il medesimo porta con sè tutta una serie di problematiche che vanno a ledere i basilari diritti di ogni individuo. I diriiti a lavoro, salute, tutela degli affetti, cultura, formazione, istruzione, reinserimento nella società e quello alla dignità, non possono e non devono cessare nel il momento in cui si entra in un Istituto Penitenziario. Ed è in questo contesto che si inserisce il lavoro svolto dalla Asl Rmf che giudico lodevole. Alla stessa va il merito di aver varato la Carta dei Servizi Sanitari per i detenuti della Regione Lazio; si tratta di una grande conquista di civiltà alla quale tutti noi dobbiamo rendere merito ed io, come Sindaco di questa Città, non posso che esserne orgoglioso>>. Un “saluto” ai convenuti, il suo, dunque tosto trasformatosi, com’era prevedeibile, in un vero e proprio intervento altresì sostanziato di un interessante “excursus” della situazione carceraria italiana, <<necessario se si vuole affrontare in maniera puntuale il problema suddetto>>. <<A tal proposito ricordo altresì che ci sono quasi 68.000 detenuti all’interno dei 206 Istituti Penitenziari che sono luoghi obsoleti, degradati e degradanti;  il 47 % degli stessi è in attesa di giudizio e sussistono 9 milioni di procedimenti pendenti; lacune gravi si registrano nella carenza del personale con Uffici sguarniti di Magistrati, personale amministrativo, risorse ed ovviamente Agenti di Polizia Penitenziaria. Il 37 % dei detenuti medesimi è costituito da stranieri, 16.000 sono tossicodipendenti dei quali il 38 % soffre di epatite e ben 1.227 sono affetti da Hiv. Ad aggravare questo quadro - ha sottolineato poi - si sta verificando la ricomparsa di malattie già da tempo debellate, come la scabbia e la Tbc. Inutile negare il dramma che attanaglia il sistema carcerario, basti pensare che negli ultimi dieci anni sono morte 1.500 persone e di queste 500 si sono suicidate. Inoltre, vi sono state 1.500 aggressioni agli Agenti citati e la Corte di Strasburgo ci ha già condannato più di una volta per aver tenuto 18 ore sette detenuti in uno spazio pari a 2,7 metri quadrati a persona. Dobbiamo pensare a chi uscirà da queste patrie galere e se uscirà un elemento risanato, rieducato e reinseribile facilmente nella nostra Società, perché così i pericoli per la nostra incolumità saranno minori. Per fare ciò dobbiamo farci promotori di istanze costruttive che intervengano con una Riforma di sistema. Abbiamo l’obbligo morale, oltre che civile ed isituzionale, di rivedere il modello unico di Istituto Penitenziario. Migliorare e razionalizzare le risorse economiche e professionali da dedicare alla popolazione carceraria è un atto dovuto della Società che ha il precipuo scopo di reinserire i detenuti al proprio interno partendo - ha ribadito - dal diritto alla salute che è il primo tra i diritti di tutti noi. A questo va aggiunto quello al lavoro poiché, nonostante le grandi difficoltà che stiamo attraversano a livello economico-sociale-lavorativo, risulta innegabile che carcere e lavoro rappresentano un binomio legato alla dimensione afflittiva o riabilitativa della detenzione. Con il passaggio infatti da una logica afflittiva-punitiva della pena ad una dimensione risocializzante del carcere - ha indicato - il lavoro penitenziario acquisisce un ruolo sempre più strategico nel percorso di reintegrazione a pieno titolo nella Società dei ristretti. Solo con l’affermarsi di una logica trattamentale-rieducativa il lavoro diventa una componente fondamentale del processo di risocializzazione del reo, assumendo la funzione di anello di congiunzione dell’esperienza dentro e fuori dal carcere stesso. Il detenuto comincia a percepirsi utile per la Società detta, a crearsi un sistema di relazioni, dei punti di riferimento ed a progettare una vita fuori dalla cella. Ed allora - ha concluso - ben vengano Cooperative che abbiano come scopo il reinserimento ed il lavoro direttamente sul territorio dando così la possibilità ai detenuti, ma anche alla Città stessa, di operare per una integrazione che sia volano di un reinserimento reale e concreto e non un concetto vuoto da contenuti e significati>>. Una pratica, quest’ultima, già adottata a Civitavecchia con il tramite della medesima Amministrazione Comunale e che da Palazzo del Pincio si auspica di oltremodo sviluppare inoltre grazie ad un diverso approccio, in tal senso, da parte dei Magistrati di Sorveglianza ed alla sostanziale modifica di alcune, specifiche Leggi. L’importante Carta dei Servizi sopra citata è stata firmata, tra gli stessi banchi istituzionali, dal Commissario dell’Azienda Sanitaria, Giuseppe Quintavalle e dalle Direttrici dei due Istituti locali, Patrizia Bravetti e Silvana Sergi. Il tutto, con l’approvazione, purtroppo a distanza, del Garante dei Detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni tuttora alle prese con i postumi di un incidente. Dalla nostra Redazione, al medesimo, i nostri più sinceri auguri di una quanto mai pronta guarigione. 

 

Nella foto: un passaggio dell’intervento del numero uno della Casa Comunale

 

 

 

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